Non è solo per la coppa, che ad ogni modo arricchisce la bacheca, bensì per la storia del club che si impreziosisce di una pagina indelebile, che il tifoso porterà con se per tanto, tantissimo tempo. Nella sfida di Doha alla Juventus c’è proprio tutto il catalogo di ciò che significano calcio e passione dei napoletani per la maglia azzurra. Una partita giocata con il cuore, persa chissà quante volte, ripresa per i capelli e poi vinta con il coraggio sprezzante di chi vuole ad ogni costo l’impresa. In mezzo il pasticcio che sembrava spianare la strada alla Juve: forte e fortunata, tenuta in piedi dopo il primo sigillo dell’Apache dai pali di Hamsik e Higuain, graziata dalla poca misura del fendente ad incrociare di Callejon. L’altalena di emozioni è anche quella del derby argentino tra i due grandi attaccanti, che non si risparmiano fino a far esplodere i cuori nell’arroventato supplementare. Indica l’angolo alla sua destra Rafael, che in Brasile era para rigori, ed è proprio lì che vola a sventare con la mano sinistra il tiro a mezz’altezza di Padoin. Si scopre così che anche la Juventus può soffrire di braccetto, lo dicono i due match point falliti da Pereyra e Chiellini, e che questo Napoli il carattere lo rivendica con la gestualità del Pipita, assorbita presto dai compagni e destinata a divenire slogan. Cartolina per una generazione dinanzi allo sgomento bianconero della tribuna che certifica quanto la Juventus famelica tenesse ad un titolo che ancora qualcuno, tra gli ipercritici autolesionisti napoletani, prova a sminuire. La Supercoppa di Doha è il secondo trofeo che in pochi mesi porta a casa il Napoli, conferma della bontà di un gruppo che può tutto se solo riesce a tenere alta l’asticella della concentrazione. E’ la vittoria con il marchio di fabbrica di Rafa Benitez. Quel Gargano che con sorriso sprezzante batte Buffon dagli undici metri, che prima ancora aveva lottato con i denti fino a sfornare anche il cross per la stoccata da equilibrista di Higuain del 2-2, è lo stesso che a Dimaro si era presentato con la valigia, in attesa di conoscere una destinazione alternativa all’azzurro. Il manager di prima fascia è quello che sa ottimizzare le risorse, o magari riproporle nel caso del Mota, quando le strategie del club per una ragione o per un’altra hanno mancato gli obbiettivi. Senza isterismi o facili tendenze allo scarica barile: le idee possono firmare le imprese e Benitez si conferma maestro di classe, segno distintivo di un progetto che con lui potrebbe continuare a crescere. De Laurentiis intanto non molla, anzi rilancia l’impegno per il suo Napoli. Dieci anni di questa storia raccontano qualcosa di eccezionale: chi lo dimentica per corta memoria o per secondi fini faccia scorrere di nuovo le pagine. Dalla prima amichevole di Cava de’ Tirreni alle emozioni internazionali che accompagnano l’ascesa del marchio. In fondo in fondo non è delitto chiedere un pizzico di obbiettività nella marea di giudizi che rendono variopinta la napoletanità calcistica…
Silver Mele
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